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Il territorio del Comune di Lizzano in Belvedere cela una storia ricca e coinvolgente, poiché fin da tempi lontani è stato interessato dalla presenza dell’uomo, che con oggetti e documenti ha lasciato testimonianza del suo passaggio. Il ritrovamento di frammenti di attrezzi in selce e terracotta, attribuiti alle Età della Pietra e del Bronzo, presso la Sboccata dei Bagnadori e Rocca Corneta, costituisce la prova del passaggio di gruppi di uomini primitivi in questi luoghi nei momenti stagionali favorevoli. 
Liguri, Etruschi e Galli Boi furono probabilmente i primi popoli ad abitare stabilmente queste montagne, della loro presenza restano ancora segni nelle tradizioni locali: la consuetudine di scolpire teste in pietra, dette “mummie”, sulle pareti delle case o sui camini, con significato beneaugurale, deriverebbe dall’antica usanza dei Galli di conservare le teste mozzate dei nemici vinti come trofei davanti all’abitazione.

Durante il Medioevo questo territorio passò sotto il dominio dell’Esarcato di Ravenna: la presenza bizantina è confermata dallo stile del Delùbro, il tempietto rotondo che costituisce l’ultimo resto dell’antica pieve di Lizzano, e dalla dedicazione della stessa pieve al Santo orientale Mamante.Dopo la caduta dell’Esarcato, alcuni dei territori conquistati furono donati dal re longobardo Astolfo alla potente Abbazia di Nonantola: nel documento del 753 che sancisce la donazione, compare per la prima volta la denominazione di “Massa Lizano”, i cui confini coincidono in gran parte con l’attuale territorio del Comune di Lizzano in Belvedere. Durante l’epoca dei Comuni questo territorio entrò a far parte del Comune di Bologna, che, per difendere i suoi confini, fece erigere varie strutture fortificate: nel 1227 fu costruito uno di questi castelli sul Monte Cimbriano, alle spalle dell’odierna Querciola, che per la sua posizionestrategica fu chiamato “castello di Belvedere”.

Col tempo la denominazione passò al monte stesso e a tutto il territorio di Lizzano: oggi del castello restano solo i ruderi, ma il suo ricordo permane nel nome e sullo stemma del nostro Comune. Nel 1293 il Senato di Bologna fece costruire un canale per condurre le acque del Dardagna nel Reno e facilitare il trasporto dei tronchi di faggio verso la città: oggi di quest’enorme opera non restano più tracce, la più tangibile testimonianza della sua esistenza è nel nome del borgo di Poggiolforato, che sorse nel punto in cui fu tagliata una collinetta per deviare il corso del torrente.Dopo secoli di traversie, nel 1860 anche il nostro Comune entrò a far parte del Regno d’Italia, prendendo poco dopo il nome che porta tuttora. La storia più recente è ancora drammaticamente impressa nella memoria degli abitanti di queste montagne, che sono state a lungo interessate durante la Seconda Guerra Mondiale dal fronte della Linea Verde, ultimo baluardo delle truppe tedesche in ritirata, segnato dalla Resistenza partigiana e dalle feroci rappresaglie tedesche. Accanto alla storia “ufficiale” c’è la storia dei contadini e dei pastori del luogo, basata sul duro lavoro quotidiano, per ottenere il sostentamento nonostante il clima difficile che caratterizza questi luoghi impervi: gli strumenti e le tradizioni che hanno caratterizzato la vita dei montanari fino a non molto tempo fa sono conservati presso il Museo Etnografico della Cultura Montanara, a Poggiolforato.

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